Sei un Tennista o uno Zombie con la racchetta?
Ti è mai capitato di arrivare alla fine di un game e non ricordarti cosa è accaduto durante gli scambi giocati o non rammentare gli errori tuoi o dell’avversario?
Ti sei mai trovato a giocare un colpo che esce fuori dal campo di metri o finisce miseramente in mezzo alla rete di metà campo e non sai darti una spiegazione del perché?
Probabilmente in quel momento non eri un tennista ma uno zombie con la racchetta.
Qual è la differenza tra un giocatore di tennis e uno zombie con la racchetta?
Avrai visto qualche serie TV o qualche film in cui i protagonisti sono gli zombie, creature risorte dopo la morte, che pur conservando sembianze umane sono riportati a una vita totalmente passiva, con movenze simili a quelle degli automi. Fanno impressione vero?
Beh ti posso dire che spesso, anche sui campi da tennis mi capita di vedere tennisti trasformati in zombie. Come degli zombie deambulano per il campo, ignari di quello che accade intorno a loro, colpiscono la palla senza alcuna strategia o tattica predefinita, spedendola dove neanche loro pensavano potesse finire.
Guardando questi zombie tennisti che giocano e il più delle volte regalano punti e partite mi sono posto la domanda sul come e quando sia iniziata la metamorfosi verso il mondo dei non morti!
A mio avviso la trasformazione avviene sin dall’inizio, dai primi colpi, dalle prime lezioni con la complicità, ahimè inconsapevole, dei maestri.
Analizziamo allora insieme cosa succede e come mai alcuni giocatori si trasformano lentamente in degli zombie.
Il nostro sport prevede l’acquisizione di competenze tecniche, tattiche, fisiche e mentali.
È uno sport di situazione, dove uno scambio può essere diverso dal precedente, sebbene giocato contro lo stesso avversario.
Come avviene l’apprendimento di questo sport da parte di un allievo?
Il primo step affrontato da un maestro è solitamente l’insegnamento delle basi della tecnica. Fin qui mi sembra che tutto fili liscio. L’allievo cerca di apprendere le prime nozioni tecniche, aiutato dal maestro.
Prova ora ad immedesimarti con un allievo, immaginando di essere nei suoi panni:
“Il mio maestro mi dice che per eseguire un buon colpo devo riuscire a riprodurre la tecnica nel modo da lui dimostrato. Attraverso la sua guida inizio a colpire le prime palle, a rincorrere la palla nei primi palleggi e con un po’ di fatica a tirare la palla dall’altra parte del campo.
Per aiutarmi a migliorare, il mio maestro continua durante la lezione a darmi consigli tecnici. Io mi concentro sempre di più sul come colpire la palla, sul gesto, sul movimento di preparazione, sulla rotazione delle spalle, sul piegamento delle gambe, su su su su………..”
Qui ha inizio la trasformazione.
L’allievo, bambino o adulto che sia continua a concentrarsi sulla tecnica, che sulla sua scala dei valori assume un ruolo primario. Dove va la palla non è molto importante, come viene colpita, dove viene colpita, con che fatica e sforzo viene colpita non sono importanti, perché probabilmente essendo uno sport complesso la tensione, lo sforzo la difficoltà esecutiva sono parte del pacchetto.
La sua attenzione è posta quasi totalmente sulla tecnica esecutiva. Il premio per l’allievo è il “bravo!” del maestro. Poco importa se non prova una sensazione di rilassamento, se non sente la palla che esce fluida dal piatto corde, se non ascolta il suono pieno della palla o non vede l’immagine della palla che senza fatica supera la rete e addirittura la metà campo atterrando prima della riga di fondo campo.
La parte cinestesica, (emozioni e sensazioni), è spesso trascurata. Si privilegia un buon gesto ad una buona sensazione.
La domanda che mi sono posto e che dovresti porti anche tu è: quanto è attinente alla realtà quello che stiamo facendo? È così che funziona il tennis? Il gesto è prioritario rispetto alle sensazioni? Si prende un voto per il gesto o per un punto guadagnato? E la domanda più importante che dovresti porti è: “posso insegnare la tecnica attraverso le sensazioni o devo utilizzare esclusivamente un metodo di insegnamento direttivo ?”
Qui si potrebbero aprire delle ampie e infinite discussioni.
In ogni caso è assodato che il metodo di insegnamento più utilizzato è sicuramente quello direttivo. Ti dico cosa fare e tu lo fai o cerchi di farlo.
Partono quindi una valanga di informazioni dal maestro verso l’allievo.
La parte istintiva, emozionale è soffocata dai dubbi e dalle domande logiche e razionali che l’allievo si pone e alle quali cerca di darsi una risposta nei pochi secondi in cui avviene un colpo.
Cosa ho fatto bene? Cosa ho sbagliato? Perché la palla non è andata dove pensavo andasse? Perché l’ho steccata? Come mai la palla va così piano? E via così una serie di domande interiori.
Penserai che questo succeda solo ai principianti ma ti do una brutta notizia. Accade anche a livelli superiori.
Sono molti i giocatori che nel momento in cui stanno per giocare un colpo, spostano la propria attenzione sulla tecnica, piuttosto che sulla sensazione o sulla strategia.
Quando questo accade un buon maestro dovrebbe accorgersene immediatamente dal linguaggio del corpo. Il giocatore colpisce ma non segue il colpo. La sua attenzione è rivolta verso l’interno e non verso l’esterno.
Il colpo non ha un’INTENZIONE.
A qualsiasi livello, principiante, avanzato, agonista, se vuoi giocare un colpo verso una determinata direzione, troverai le risorse per farlo. La palla potrà non andare perfettamente nel punto desiderato ma ci arriverà comunque vicino. Potrai anche sbagliare ma non di molto.
Quando uno zombie tennista colpisce, senza collegare un’intenzione al colpo ma essendo assorbito totalmente dall’esecuzione tecnica, la palla il più delle volte finisce fuori di metri, a volte sul telone di fondo campo oppure sotterrata sotto la rete di metà campo. L’errore in questo caso è grossolano e la frustrazione dovuta all’errore sarà enorme.
Ma allora come faccio ad evitare che i miei allievi diventino dei tennisti zombie?
Prima di tutto in ogni allenamento va inserito un obiettivo tecnico ed uno tattico. La tecnica va di pari passo con la tattica e viceversa.
Non imparo a colpire e poi in un secondo tempo imparo dove è meglio inviare la palla.
Imparo a colpire (tecnica), cercando di inviare la palla nel posto giusto (tattica), sin dal primo giorno, sin dal primo colpo.
In secondo luogo, collegato alla tattica, per ogni colpo, qualsiasi colpo, ci deve essere un’intenzione.
Durante uno scambio ogni palla deve essere giocata con una specifica intenzione.
Il concetto base è che non si invia solo la palla dall’altra parte del campo. Si invia la palla dall’altra parte del campo, nella zona che ho scelto e con intenzione.
Se non ci riesci, ci avrai provato, l’errore fa parte del gioco e dell’esperienza, ma avrai tentato e potrai valutare cosa è possibile migliorare per far sì che la tua intenzione corrisponda alla realizzazione.
In questo modo otterrai una serie di importantissimi benefici:
– Attiverai tutte le risorse necessarie a far sì che il tuo colpo corrisponda all’intenzione.
– Sposterai la tua attenzione verso l’esterno e non verso l’interno. Sarai proiettato verso l’obiettivo che hai scelto e sul come ottenerlo.
– Il tuo timing esecutivo migliorerà, sarai sempre in anticipo, perché l’attenzione sarà rivolta alla palla invece che al tuo corpo e alla tecnica.
– Incrementerai la tua capacità sensoriale, perché sarai attento alla sensazione del contatto con la palla, al rumore che provoca il rimbalzo, all’immagine della palla in arrivo e del punto dove vuoi indirizzare la palla.
– Aumenterai il tuo livello di concentrazione perché nel momento in cui hai un compito, non sarai influenzato dalle interferenze esterne, ma sarai totalmente assorbito dal compito e dalla ricerca delle risorse necessarie, tecniche, fisiche e mentali, per realizzarlo.
Il tennis è uno sport di sensazioni. La tecnica è fondamentale ma da sola non basta.
Non diventare uno zombie con la racchetta.
Gioca ogni colpo con un’intenzione e vedrai che le tue prestazioni miglioreranno in maniera costante e progressiva.
Se vuoi avere qualsiasi informazione relativamente alla preparazione mentale, puoi contattarmi sul mio profilo Facebook o sulla mia mail, mauro.marino@performanceway.it
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